Sabato 21 gennaio 2012
Ore 11,00: Il Medioevo corre sull’acqua: I Castelli. Visita guidata al Castello di San Colombano al Lambro (MI). Costo: 5 euro. Ritrovo davanti all’ingresso.
Pare che le origini del castello di S. Colombano si possano far risalire
al VI sec., contemporaneamente al grande monastero di Bobbio (A.
Riccardi, Le località e territorj di S. Colombano al Lambro, 1888).
Comunque sia, è fuori dubbio che il castello esistesse nel secolo X, sia
a garanzia della vicina capitale di Pavia e residenza reale di Corte
Olona, sia per la necessità di quei tempi di lotte feudali, sia per le
invasioni ungariche, ed il conseguente decreto del Re Berengario, per la
difesa e fortificazione di tutte le Città, Borghi, Luoghi, Cascinali,
Monasteri, ecc.; sia, infine, per l’espressa affermazione del testamento
di Ariberto del 1034, dove si parla di castris, edificiis, ecc., in
Gaifaniana, Sancto Columbano, Miradolo, ecc., e più sotto di edifici esistenti tam in ipsis castris quam et foris (tanto dentro
quanto fuori di essi castelli). Allo stesso modo è certo che esso
appartenesse dall’800 circa al 1000 al contado (Comitatus) di Lodi, come
appare anche dai documenti del 1034 e 1299 (A. Riccardi, Le località e
territorj di S. Colombano al Lambro, 1888).
Trascurando la preesistente fortificazione, si può sicuramente
affermare che l’attuale impianto, sia pure considerato come solo
tracciato, sia opera del Barbarossa. Questi, durante la sua seconda
calata in Italia, distrusse il castello di S. Colombano (come del resto
la maggior parte di quelli esistenti in Lombardia); ma nel 1164,
riconosciuta l’importanza che il luogo ricopriva nel territorio per la
sua particolare conformazione morfologica e per la posizione intermedia
nella direttiva viaria Milano-Piacenza, decise di riedificarlo, per
utilità del suo impero: e vi aggiunse, per utile personale, una grande
borgata denominata "Magnum suburbium" , munita di mura merlate,
terraggio e fossa esterna. Si devono pure al Barbarossa le grandiose
dimensioni del castello, la perfetta regolarità simmetrica e l’ampiezza
delle strade del borgo (situazione anomala nelle tipologie in uso a quei
tempi); la costruzione, nel ricetto ad ovest, del "Magnum palacium" o
"Grande Palazzo" (di cui sono ancora visibili le fondazioni), adibito a
residenza imperiale; la costruzione, nel ricetto ad oriente, del Palazzo
dei Vicarj e Rettori della terra di S. Colombano, ossia l’autorità
comunale politica ed ecclesiastica del borgo. Si suppone che a dirigere i
lavori di ricostruzione del "castrum" sia stato Tito Muzio Gatta,
architetto cremonese al seguito del Barbarossa, che qualche anno prima
aveva delineato le mura della nuova Lodi. Non si hanno precise notizie
circa i tipi di fortificazione e loro distribuzione in questo primo
impianto, ma si intuisce comunque che quest’ultimo fosse
convenientemente attrezzato di strutture complementari. Agli inizi del
dominio visconteo avvennero operazioni trasformative miranti a limitare
l’importanza militare del Castello. Comunque, visto l’utilizzo che la
signoria viscontea attribuiva alla rocca (prigione di Stato), dove nel
1338 fu imprigionato Lodrisio Visconti, dobbiamo considerare che anche
il Castello fosse comunque in condizioni di sicurezza. La signoria
viscontea contribuì, su tutto il territorio interessato dal suo dominio,
ad una notevole fioritura castellana.
L’impronta della nuova architettura fortificata ebbe ovviamente
maggiore intensità nei nuovi impianti, pur non trascurando la
trasformazione di fortificazioni esistenti: in tale caso rientrò S.
Colombano, interessato da molteplici modifiche, talmente radicali da far
considerare questo castello come una "nuova costruzione" più che una
riedificazione.
Le trasformazioni cominciarono nel 1370 per volere di Galeazzo II e furono inerenti sia al castello che al borgo.
Gli inserimenti più importanti furono i rivellini, posti sia negli
ingressi al ricetto (Torre d’ingresso e Castellana) che alla rocca
(Torre d’ingresso e Torre Mirabella); vennero quindi trasformati i
caratteri stilistici e gli elementi compositivi della fortezza.
Le mura esterne, su tutto il perimetro, vennero integralmente
rivestite di nuovi mattoni, il che conferisce una certa omogeneità
all’intero impianto castellano.
Nel centro della rocca venne innalzata una torre o mastio con il
duplice scopo di immagazzinare munizioni e viveri e anche di estrema
difesa del castellano nell’evenienza che il castello e la guarnigione,
cedendo all’attacco nemico, lo costringessero a rifugiarsi in posizioni
sempre più arretrate.
Dal "maschio" si aveva la possibilità, tramite vie sotterranee, di
portarsi al di fuori della rocca, a sud, in corrispondenza del
rivellino, e da questo collegarsi ad almeno due delle torri agli angoli
della rocca .
Per quanto riguarda il borgo, venne ampliato a seguito della
donazione di Galeazzo II del 1373 alla consorte Bianca di Savoia, la
quale dotò il Comune degli speciali Statuti.
Da questo documento appare evidente la volontà di favorire lo
sviluppo del borgo, anche ad opera dei privati, favorendo loro
l’acquisto, a prezzi convenzionati, dei materiali da costruzione,
escluso il legname che veniva fornito gratuitamente; agevolazioni
fornite allo scopo di raggiungere in breve tempo il fine preposto.
L’ampliamento del borgo seguì la regolare distribuzione degli isolati
e l’ampiezza delle vie interne, che caratterizzavano la preesistente
impostazione del Barbarossa.
Tutto il borgo venne dotato di mura merlate con fossato e terraggio
interno, ed in corrispondenza degli ingressi le porte vennero
ulteriormente protette da saracinesche.
1 commento:
Vuoin aiutarmi a scegliere l'argomento del mio nuovo libro?
Ti ringrazio e saluto
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